di Margreth Olin, Norvegia, 2023, 90′
con Jørgen Mykløen, Magnhild Kongsjord Mykløen
"Da quando ero bambina ho desiderato seguire i tuoi passi". Una voce over commenta la ripresa dall'alto di un uomo che si inoltra a piedi in un vasto paesaggio innevato. È la voce di Margreth Olin, documentarista norvegese nata nel 1970. L'uomo che procede con le bacchette da camminata nordica è suo padre, Jørgen Mykløen, amante della natura e suo punto di riferimento. Il genitore che, quando lei era piccola, invece di leggerle una storia, l'ha sempre portata fuori, a camminare, mostrandole come prendersi il tempo necessario per osservare la natura. Il paesaggio, protagonista del film, è quello, magnifico, della valle di Oldedaden, nella parte Sud Ovest della Norvegia. Nello specifico, del suo più grande ghiacciaio, il Jostedalsbreen.
Mymovies.it - La particolarità principale del film è appunto la connessione e l'oscillazione tra le immagini grandiose e gli aspetti personali messi in scena dalla regista, il rincorrersi tra la storia del mondo e di una famiglia. Tale lavoro di raccolta e accostamento si deve a cinque diversi direttori della fotografia (due dedicati ai droni, uno alle riprese subacquee) e a differenti droni che avvolgono le cime e sovrastano spazi enormi, ma anche a dettagli ravvicinatissimi di fiori ed epidermidi, corrispettivi umani delle cortecce vegetali. Perché la natura è un organismo vivente con dei limiti, esattamente come il nostro corpo.
Sentieri Selvaggi - Il documentario, con campi spesso lunghissimi, riversa sullo spettatore tutta la maestosità della natura; l’uomo ne è una piccolissima parte e i dialoghi, misurati, lasciano completo spazio ai suoni e ai silenzi: un fuoco che crepita, l’acqua che gorgoglia, la terra che si assesta con i suoi sordi movimenti, un ghiacciaio che frana lentamente mutando la propria forma, a ricordarci gli effetti dell’azione dell’uomo. È un’esperienza sensoriale immersiva che invita a mettersi in ascolto. I ricordi famigliari si alternano a momenti di assoluta contemplazione. A dettare il ritmo alla narrazione è l’ambiente stesso con la sua fauna che si fonde con l’uomo fino a sovrapporsi: un orecchio diventa una conca d’acqua, la pelle rugosa evoca le striature del terreno, a marcare l’origine comune di ogni cosa.