Mulholland
Drive

Mulholland Drive, David Lynch

Mulholland Drive

di David Lynch, Francia, Usa, 2001, 145
con Naomi Watts (Betty Elms/Diane Selwyn) Jeanne Bates (Irene), Laura Elena Harring (Rita/Camilla Rhodes), Robert Forster (detective McKnight), Brent Briscoe (detective Domgaard), Maya Bond (zia Ruth), Justin Theroux (Adam Kesher), Ann Miller (Coco), Angelo Badalamenti (Luigi Castigliane)

Mulholland Drive, David Lynch

Trama

Dopo aver perso la memoria in un incidente sulla strada Mullholland Drive, una donna ed un'aspirante attrice cercano indizi e rispose a Los Angeles in un'intricata avventura che oscilla tra sogno e realtà.

Regia

David Lynch

Cast

Naomi Watts (Betty Elms/Diane Selwyn) Jeanne Bates (Irene), Laura Elena Harring (Rita/Camilla Rhodes), Robert Forster (detective McKnight), Brent Briscoe (detective Domgaard), Maya Bond (zia Ruth), Justin Theroux (Adam Kesher), Ann Miller (Coco), Angelo Badalamenti (Luigi Castigliane)

Durata

145′

Paese di produzione

Francia, Usa

Anno di produzione

2001

Premi

Premiato per la migliore regia al Festival di Cannes 2001

Calendario

giovedì 13 febbraio 2025
h: 20:30
versione originale sottotitolata
7,00 € / Intero
5,00 € / Ridotto over 65 e Soci Bloom
4,00 € / Ridotto Under 26

Recensioni

Sentieri Selvaggi - Altri “detour” verso infinite “lost highways”. Mulholland Drive spinge ancora di più all’estremità il cinema di David Lynch. C’è lo smarrimento di Strade perdute combinato con lo sperimentalismo nel mettere in scena incubi e deliri di Eraserhead. Ma Mulholland Drive, votato nel 2016 come miglior film del 21° secolo da 177 critici interprellati dalla BBC, è anche un mélo pulsante che avvolge le due protagoniste: Rita, che ha perso la memoria dopo un incidente d’auto, e Betty, una ragazza che va a vivere a casa della zia e aspira a diventare attrice. Siamo davanti, ancora una volta nel cinema di Lynch, a una storia d’amore, eccessiva come Cuore selvaggio e struggente come The Elephant Man. Al tempo stesso il film di Lynch è anche un esempio di “cinema nel cinema” (un regista alle prese con i produttori che gli vogliono imporre la protagonista femminile), un “gangster movie” (il cineasta ricattato da strani personaggi) e un sublime abisso onirico che conduce a un luogo di magia e di rito che ha un’atmosfera sinistra simile ad Eyes Wide Shut.
(...) L’immagine, nel cinema di Lynch mantiene sempre quel suo forte senso di instabilità, sempre a metà tra ciò che rappresenta e le proiezioni mentali di un sogno/incubo che ha sempre di più la capacità di avvolgere dentro, di portare verso altri abissi, sorprendendo e depistando da un’inquadratura a quella successiva. Lynch è tra i pochissimi cineasti capaci di disorientare con i suoi ribaltamenti narrativi, con le distanze usate tra la macchina da presa e ciò che inquadra (come le immagini dall’alto di Mulholland Drive di notte) con il nostro sguardo che si smarrisce negli labirinti più complessi. Ogni visione è un nuovo viaggio, un nuovo film. Sì, Mulholland Drive è uno dei film decisivi del 21° secolo ma è anche quello di Lynch che dopo ogni visione si trasforma in un altro film. Qui dentro ci sono insieme uno cento mille film e anche tutta la filmografia del cineasta. Per questo resterà fondamentale, irripetibile, bellissimo per sempre.

 

Rispetto a un Bergman – Mulholland Drive è evidentemente la versione XXI secolo di Persona e Il silenzio – Lynch se ne infischia esplicitamente della cultura intesa come giustificazione per l’arte. La cultura cinematografica ha regolarmente assolto Bergman perché il maestro, dentro i suoi incubi, intendeva alla fine del tunnel far brillare la luce dell’anima. Il viaggio intrapreso in Mulholland Drive non ha Informazione non presentea a che fare con l’anima, è un viaggio nella mente.
Flavio De Bemardinis, “Segnocinema”, n. 114, marzo-aprile 2002

 

Mulholland Drive è brillante e inquietante come nessun altro film di Lynch. È folle, lucido, strano, opprimente, ma con una potenza erotica e una dimensione umana che Lynch non ha mai trovato altrove. È una fantasia d’illusione e identità, una riflessione sul mistero dei ruoli nell’arte e nella vita: l’importanza fondamentale di trovare il ruolo giusto.
Peter Bradshaw, “The Guardian”, 14 aprile 2017 

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